Se c’è una parola che, da queste parti della provincia di Napoli, si coniuga in modi diversi essa è “vesuvianità”. Qui, tutto si rapporta al vulcano più famoso del mondo. Il carattere di chi vive qui. La cucina, il terreno dove nascono e crescono i pomodori del piennolo, la verdura, le spezie, i friarielli o le rape portano dentro i loro codici gentici tutto il sapore che i minerali sanno dare. Sant’Anastasia è una delle 13 comunità del Parco nazionale del Vesuvio, un comune di 30 abitanti o quasi. Si sale e si scende con le strade più o meno strette del centro storico e antico. Ma quando arrivi nella piazza che costeggia il Comune trovi anche il mondo, la cucina e la storia di Salvatore Piccolo, giovane chef gourmet che assieme alla “sua” Alessia, compagna di vita, di passioni e d’impresa, sta costruendo il futuro. Il loro luogo di sapori e di sogni lo hanno chiamato “Locanda Mariacarolì” per ripercorrere i fasti regali che Napoli ha avuto.
Un diploma in scuola alberghiera conseguito nel 2003 Salvatore Piccolo ebbe i suoi primi approcci in cucina tra Sardegna ed Emilia Romagna. Chef in Trentino a Brunico in un 3 stelle dopo aver vissuto l’esperienza di guidare cucine vesuviane in ristoranti del territorio. Sicché “Locanda Mariacaroli” arriva nella stagione della maturità e dell’amore: quello che lo lega ad Alessia così premurosa nel lavoro in sala e nei consigli più meditato. Assieme vogliono andare lontano come tanti altri chef di blasone che hanno tratto da un legame d’amore privato un legame di vita e di professione. Assieme stanno fronteggiando anche i problemi del post covid che ha sconquassato il mondo della cucina italiana ed in special modo della cucina gourmet.
Una filosofia che Salvatore Piccolo vuole ribadire. Dice che non insegue il numero ma la qualità. Che non vuole proporsi ad ogni costo come fosse una cucina popolare. Questa cucina è popolare sì ma è soprattutto un atto di ricerca che unisce passioni, territorio, alimenti di qualità, i frutti della terra e del mare. La rucola vesuviana al riccio di mare, la ricotta di fuscella al pomodoro del piennolo vesuviano.
Così per il primo articolo scritto sul giovane chef Salvatore Piccolo, che seguiremo nei prossimi mesi da qui, facendo tappa anche nella sua locanda per raccontare il gruppo degli chef gourmet di grandichef.com all’interno del quale, da oggi, troviamo anche lui, abbiamo voluto rivolgere alcune domande a cui, solerte, ci ha risposto.
Chef ci racconti le tua evoluzione in cucina?
«Parto dal diploma di scuola alberghiera conseguito nel 2003. Inizio subito la mia esperienza lavorativa in ristoranti locali ma dopo qualche anno continuo ad arricchire le mie esperienze lavorative in diverse regioni di Italia (Toscana, Sardegna, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige). Dopo iniziano i contratti con la compagnia Costa Crociere nei ristoranti gourmet dove mi confronto con diversi chef stellati ed internazionali».
Se ci dovessi descrivere il carattere della tua cucina cosa diresti?
«Identità, ricerca e territorio sono i tre cardini della mia filosofia in cucina dove si fondono materie prime del territorio con quelle internazionali. La mia è una cucina pulita e delicata, dove i sapori della materia prima devono essere colti così come sono nella loro pienezza».
Che cosa hai ami di più della tua cucina?
«La cosa che amo di più della mia cucina è la sua eleganza, espressa nella forma e nel contenuto».
Come hai vissuto quella è stata probabilmente la più grande preoccupazione del mondo enogastronomico italiano? Ci riferiamo alla brutta esperienza della pademia e alla conseguente chiusura di tutti i ristoranti?
«La pandemia è stato un evento che nessuno mai avrebbe immaginato di vivere, un evento “nuovo”, inteso come qualcosa che non si conosce e, come tutte le cose nuove, l’ho vissuta con grande spavento e preoccupazione per la salute e l’economia di tutti. Non credo però che le chiusure forzate del mondo enogastronomico possano spegnere la passione di chi ci lavora dentro con professionalità».
Come stai vivendo la ripresa? Come l’hai organizzata?
«La ripresa la stiamo vivendo con fiducia, forti di tutto il buono che abbiamo seminato in passato. Ci siamo da sempre rimboccati le maniche, continueremo a farlo più di prima».
Come hai organizzato il tuo ristorante?
«Nel ristorante, ma anche fuori, rispettiamo tutte le direttive imposte. Già da prima del covid-19 avevamo un ampio distanziamento tra i tavoli, perché il nostro motto è stato sempre “meno tavoli, più attenzioni”. Adesso abbiamo ulteriormente ridotto la capienza».
Come sarà la cucina italiana e l’esperienza del cliente nei prossimi mesi?
«Se prima del covid-19 la nostre clientela era esigente, ora lo sarà ancora di più. Questa sarà per noi un’ulteriore sfida e con piacere continueremo a migliorarci».
Chi sono i grandi chef a cui ti sei ispirato?
«Da sempre seguo ed ammiro le ideologie di cucina e ristorazione di Giancarlo Perbellini, Gennaro Esposito e Francesco Sposito. Puntualizzo però che da sempre sono un autodidatta in continuo studio».
Che cosa sogni da grande?
«Da piccolo sognavo un posto tutto mio dove potermi esprimere al 100%. Ora questo posto esiste da 3 anni ma non si finisce mai di essere ambiziosi».
Ci dici tre buoni motivi per recarsi da te nel tuo ristorante?
«Accoglienza, cucina ed umiltà. La ristorazione deve soddisfare a 360°. Io, insieme ad Alessia, la mia compagna, ci impegnano tutti i giorni per rendere speciale ogni visita da noi».