Oscar Farinetti: «Nel commercio è in corso una vera rivoluzione».

Ha messo in piedi, da un’idea senza dubbio geniale, un format chiamato Eataly sapendo mescolare storie, produzioni, saperi e sapori italiani come mai prima. Ha fatto parlare di sé la politica e il mondo enogastronomico. Ha attirato simpatie ed antipatie. Ha inventato nel cuore di Bologna Fico, “il Parco del cibo italiano più emozionante del mondo”. Di certo Oscar Farinetti, nato ad Alba nel 1954, riesce sempre a far parlare di sé e su nobilissimi temi. Abile oratore lui stessi, trova sempre soluzioni ai problemi che il percorso umano e professione di ciascuno (suo compreso) mette davanti. Da Unieuro, che fece nascere e seppe comprare come mai prima, fino a Eataly e poi a Green Pea, il pisello verde, il primo centro commerciale ecosostenibile al mondo passano gli ultimi decenni di prima linea che Oscar Farinetti ha percorso. Il 21 ottobre scorso, avvio di seconda ondata da Covid-19 in Italia, non si è perso d’animo. Ha detto che «La rivoluzione comincerà a Torino l’8 dicembre con i nostri 72 partners. Il nostro slogan è ’from duty to beauty’, dal dovere al piacere. E sarà anche la risposta del commercio in presenza, on land, contro lo strapotere delle vendite on line». Sarà che di rivoluzione in rivoluzione Oscar Farinetti non avrà fatto sempre bersaglio pieno ma certamente egli è colui che ama non perdersi mai d’animo e trovare un percorso buono anche quando il presente mette muri o “costringe” il mondo ad esperienze estreme che non conoscevamo prima come può esserlo quella della pandemia di prima e seconda ondata. Quella dentro la quale stanno cambiando modi di fare, costumi, flussi economici e persino l’idea del commercio se pensiamo che «modello Nike» è già il nome che gli esperti hanno dato alla scelta fatta dal celebre marchio sportivo di chiudere tutti i suoi negozi, negli Stati Uniti e in Europa, per puntare solo sulle vendite on line. Effetti dell’emergenza Covid che sta provocando altri effetti Nike in tante altre città, soprattutto in quelle che vivevano sui turisti stranieri. Diventano sempre di più infatti i marchi celebri di diversi livelli che stanno smobilitando la catena dei punti vendita nelle città d’arte e nei luoghi colpiti maggiormente dalla diffusione del virus. Lì dove il commercio viveva grazie al turismo nazionale ed internazionale che oggi non c’è.

Nella foto Oscar Farinetti

«Il nostro modello – dice Oscar Farinettiè la società dei consumi, che negli ultimi decenni è diventata la società del consumo del superfluo. Per tornare a vendere i nostri prodotti dovremo essere bravi a giustificare il superfluo, a spiegare a milioni di persone perché è giusto comprarlo». In mezzo ad un scenario che muta velocemente ci sono i ruoli dei centri storici che muoiono ad un ritmo esagerato e morivano già prima se si pensa ai piccoli centri cittadini. E pensare che per il piemontese più passionale che c’è assieme a Carlo Petrini «l’Italia soffre ma altri Paesi soffrono più di noi. Pensi agli Stati Uniti, al Brasile e al Regno Unito. Dobbiamo creare nuove forme di commercio e di turismo, un settore dove tutte le aziende sono digitalizzate, ma devono essere talmente creative da vendere sia on land che on line. Per restare bravi e non chiudere i negozi bisogna inventarsi un’identità. E spingere i clienti a comprare la nostra storia».

E qui torna utile l’osservatorio Eataly che Oscar Farinetti ha messo in diversi posti del mondo. «È un problema mondiale, – sottolinea Oscar Farinetticon Eataly ho il polso del mondo. Abbiamo ristoranti in 18 Paesi. E se guardo Las Vegas vedo una città chiusa, spenta. Vittima delle scommesse on line che hanno allontanato milioni di giocatori dagli hotel casinò del Nevada».

Per Farinetti «il Covid ha solo accelerato ciò che stava già accadendo e cioè la trasformazione del commercio. Il franchising non è un modo creativo per vendere prodotti. Tu ti appoggi alla forza di un marchio, paghi i costi alla casa madre e punti ad avere una fetta di una torta preparata da altri. Questo commercio era già in crisi prima, figuriamoci adesso. Più che tra categorie di prodotto, io distinguerei tra categorie di mercanti. Intanto se sei costretto a stare a casa, a non viaggiare, il commercio on line diventa l’unica forma di shopping. Per questo i colossi della rete fanno profitti stratosferici. Negli anni scorsi le città d’arte, come Firenze e Siena, hanno avuto successo perché hanno cavalcato l’incremento delle esportazioni e la crescita dei turisti stranieri. Ma non possiamo accontentarci dei numeri attuali, dobbiamo passare da 50 a 100 milioni di turisti stranieri».

Storie di chi riesce a stare in piedi e di chi, invece, crolla sotto il peso di una crisi senza precedenti su scala globale. Certo, dice Oscar Farinetti, «ci sono quelli bravi che inventano storie e poi le vendono. Ci sono quelli che comprano la creatività che non possiedono, quindi soffrono perché non possono vendere quando il mondo è in quarantena. Oggi sono andati in crisi molti di quelli che erano già in crisi prima. Se si guarda alla ristorazione, è stato pesantemente colpito in tutte le città chi aveva fatto investimenti e si è ritrovato in lockdown. Si genera l’effetto clessidra: i migliori diventano ancora migliori, i peggiori reagiscono male». Resta il fatto che il prezzo, per i peggiori e i migliori risulta essere davvero troppo alto lasciando dietro oceani di sofferenze individuali e collettive.

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