Si stima che ogni giorno, 12 milioni di consumatori francesi entrano in panetteria per comprare almeno una baguette al giorno tanto che, secondo la stessa stima, ogni anno escono dalle sue panetterie più di sei miliardi di baguette. Sarà ora anche di più visto che il 30 novembre scorso il Comitato intergovernamentale dell’Unesco, che si è riunito a Rabat in Marocco, ha annunciato che la baguette, emblema della vita quotidiana dei francesi, è entrata ufficialmente nella lista del patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. «Un riconoscimento per la comunità degli artigiani fornai e pasticceri – ha commentato il presidente della Confederazione nazionale della panetteria-pasticceria francese, Dominique Anract in un comunicato stampa. «La baguette – ha proseguito – è farina, acqua, sale, lievito e il saper fare dell’artigiano». Esattamente com’era già accaduto per la pizza “napoletana” e l’arte dei suoi pizzaioli.
di francesco de rosa
Per l’Unesco la baguette è “il savoir-faire artigianale e la cultura del prodotto transalpino che onora soprattutto le tradizioni” e che la rendono un’intangibile eredità culturale”. La storia di un riconoscimento mondiale ha avuto un corso tutto sommato rapido se pensiamo che la scelta di presentare la candidatura della baguette era stata fatta solo nel 2021 dalla Francia. La baguette era stata preferita dai francesi persino ai tipici tetti di zinco di cui è piena Parigi e anche ad un festival del vino del Giura che pure potevano essere proposti per l’ambito riconoscimento. Ma la baguette è la baguette e non solo in Francia. Un riconoscimento particolarmente importante per la Francia se si pensa al contesto industriale che è vitale per le piccole imprese locali delle tantissime comunità rurali disseminate per la Francia. Macron ha ricordato che “Nel 1970 i panifici artigianali erano circa 55.000 (un forno ogni 790 abitanti) contro i 35.000 di oggi (uno ogni 2.000 abitanti)” e che “questo si traduce in una scomparsa di 400 panifici all’anno in media da cinquant’anni. Per questo il presidente francese aveva dato il suo appoggio da subito al dossier, descrivendo la baguette come “250 grammi di magia e perfezione”. Correva l’anno 2021 e cioè appena pochi mesi fa prima che il 30 novembre l’Unesco accogliesse alla prima richiesta l’attribuzione internazionale. Un prodotto che esalta la capacità dei tanti francesi che la producono ogni giorno. E che sia ben cotta, bianca, ancora tiepida, un po’ secca, o in mille altre varianti, la baguette è storicamente parte integrante dell’identità francese e il metodo di produzione è motivo di orgoglio nazionale diffuso in molte altre parti del mondo.
Il richiamo all’identico riconoscimento per la pizza è stato dal primo istante naturale. Il presidente Emmanuel Macron lo aveva detto subito. «La Francia è un Paese di eccellenza nel pane, perché la baguette è invidiata dal mondo intero. Bisogna preservarne l’eccellenza e il savoir faire ed è per questo che bisogna inserirla nel patrimonio. Non solo il nome della baguette ma i suoi ingredienti e il modo di realizzarla» aveva dichiarato ancora lo scorso anno Macron. Non a caso lo stesso Macron aveva accostato, i pizzaioli napoletani ai panettieri francesi che «hanno visto come i napoletani sono riusciti a far entrare la loro pizza nel patrimonio mondiale dell’Unesco e si sono detti: perché non la baguette? E hanno ragione». Il riconoscimento appena arrivato è il punto di arrivo di una storia di eccellenza, di identità, non esente, però, da momenti di crisi e di sfide. Ultima in ordine di tempo viene dal caro pane e dall’aumento del prezzo della materia prima e dell’energia elettrica che la guerra in Ucraina ha determinato. Tutti i media in Francia si chiedono da settimane dove possa arrivare il prezzo della baguette. Una congiuntura che non metterà certo in crisi la fama e la diffusione della baguette. Anzi. Il riconoscimento dell’Unesco apre nuove possibilità anche in ambito internazionale e in tutti quei paesi dove la baguette è amata e prodotta.
«Quando un bambino mette i denti i genitori gli danno un pezzetto di baguette da masticare», ha detto Dominique Anract, presidente della Confederazione nazionale di panettieri e pasticceri francesi, che ha spinto affinché la baguette venisse riconosciuta come patrimonio dell’umanità Unesco. «Quando poi cresce, la prima commissione che gli viene affidata da compiere da solo è andare a prenderne una vicino casa». L’organizzazione delle Nazioni Unite ha premiato proprio il valore culturale della baguette nella società francese, ma anche le competenze tecniche che servono per farla. E già, quel composto ottenuto mescolando gli ingredienti che va impastato lentamente e fatto lievitare a lungo. Una forma longilinea che poi va divisa e modellata a mano prima di una seconda lievitazione. Infine, prima di essere cotta al forno, sulla superficie dell’impasto quelle incisioni poco profonde con appositi coltelli che un po’ firma per questo tipo di pane. Si condivide un disciplinare dove la crosta della baguette abbia ad essere croccante e dorata, mentre la sua consistenza interna gommosa, con bolle d’aria più o meno grandi e regolari a seconda della preparazione. Un risultato che comunque varia, come ogni prodotto da forno, in base alla temperatura e all’umidità: come disse ad Agence France-Presse nel 2019 il fornaio di Parigi Jean-Yves Boullier, «bisogna fare attenzione alla temperatura dell’impasto, a quella dell’acqua e a quella del forno. La temperatura esterna ideale inoltre non dovrebbe essere superiore ai 22 °C e l’umidità non troppo elevata, altrimenti la pasta si rilasserebbe e il pane uscirebbe troppo molle». La storia della baguette affonda le sue origini su solchi incerti e tipici di tutti i cibi tradizionali sui quali circolano spesso storie e leggende più o meno verificate.
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Taluni storici francesi ritengono che in Francia filoni di pane dalla forma allungata fossero comuni già nel Seicento, mentre altri collegano la diffusione della baguette a quella del particolare forno a vapore messo a punto dall’imprenditore austriaco August Zang attorno al 1830. Altre trame sull’origine della baguette si sono fatte strada. Una, per esempio, vuole che Napoleone in persona volesse un pane fatto a forma di bastone perché potesse essere trasportato più facilmente dai soldati. Un’altra dice che la baguette vede la sua diffusione nel periodo della costruzione della metropolitana parigina, cioè gli ultimi anni dell’Ottocento quando un pane più allungato sarebbe stato più semplice da spezzare e avrebbe evitato che gli operai impegnati nel cantiere portassero con loro i coltelli, e così anche gli scontri con armi da taglio. Sul nome le tesi sono più concordi. Il nome baguette, che in francese significa “bacchetta”, comparve all’inizio del Novecento e si diffuse subito dopo la Prima guerra mondiale, quando peraltro fu emanata una legge che specificava che il suo peso minimo dovesse essere di 80 grammi, e la lunghezza massima di 40 centimetri. Loïc Bienassis, ricercatore dell’Istituto europeo per la storia e le culture del cibo (IEHCA), ha spiegato che all’inizio era considerata un prodotto di lusso e che tendenzialmente la classe operaia continuava a mangiare pane rustico, che resisteva più a lungo. Bienassis, membro del comitato scientifico che all’inizio del 2021 aveva preparato il rapporto per fare domanda per il riconoscimento all’Unesco, ha detto che le baguette si diffusero tra tutta la popolazione tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Il recente riconoscimento ha di sicuro messo tutti d’accoro.