Valentino Marcattilii, chef ad Imola che è tra i padri della moderna cucina italiana

Metti un cuoco che lavorava, come cuoco privato, nei palazzi delle famiglie aristocratiche e benestanti del secolo scorso. Che deliziava il palato di re Vittorio Emanuele, che sapeva muovere a desiderio la fame di commensali che fame non ne avevano mai tanto era il grado di benessere nel quale si muovevano. Metti che questo cuoco privato smise di lavorare in posti così e che dopo aver avuto un ristorante a Genova diventa, di fatto, l'”istruttore” privato di un ragazzo nato a  Mosciano Sant’Angelo (TE) nel 1954 e trasferitosi ad Imola con la famiglia nel 1960. Valentino Marcattilii deve tutto la sua fama ed il prestigio di chef a Nino Bergese , “il re dei cuochi e il cuoco dei re – come di lui si è scritto – leggendario chef che sapeva incantare i Savoia, arrivare a Giangiacomo Feltrinelli, al cuore dilaniato, tutto suo, tra Fidel Castro e una torta fiorentina. Che, prima del principio, il suo maestro Giovanni Bastone, cuoco degli Agnelli e del conte Bonvicino aveva osato fargli osare.”

Negli ultimi 45 anni, ormai si viaggia verso i 50, di attività dello chef Valentino Marcattilii, sorriso arguto come fosse un tipico emiliano e la consapevolezza di essere tra i padri della moderna cucina italiana, è passato il mondo al “San Domenico”, ristorante con due stelle Michelin guidato da Valentino Marcattilii in cucina, da Natale, il fidato fratello maitre che sovraintende in sala e da giovani (ma già eccellenti leve) come il loro nipote, figlio di una sorella, Massimiliano Mascia ed altri volti giovani, in ruoli diversi, come quello di Giacomo Marcattilii. Quarantacinque anni fa nel centro storico di Imola, all’interno dello splendido giardino pubblico dei Chiostri San Domenico, apriva, era il 7 marzo del 1970, il ristorante San Domenico per volere soprattutto di Gianluigi Morini. Doveva essere uno «spazio per la felicità, dove i clienti diventano ospiti». Cuoco, sommelier e regista, Gianluigi Morini aveva avuto, si racconta sul portale ufficiale del San Domenico – “una fanciullezza e una giovinezza vissute all’ombra del padre, per compiacere il quale, il giovane Gianluigi, completa gli studi da ragioniere, coltivando, tuttavia, nel frattempo la propensione naturale all’arte con attività teatrale da dilettante e una fuga a Roma, dove lavora per qualche tempo al Centro Sperimentale di cinematografia. Il cinema resta uno dei suoi hobby preferiti, assieme a quello della cucina, che coltiva invitando a cena gli amici e sperimentando su di loro le sue abilità di cuoco, di sommelier e di … regista. Comincia a documentarsi sui ristoranti d’Italia e di altri paesi e matura la convinzione di costruire un locale “su misura“; lo fa verso la fine degli anni ’60 nei locali della casa paterna, realizzando un ristorante da venti tavoli, del quale cura tutti i particolari: le pareti ricoperte di tela di lino, i soffitti di tessuto decorato, con i quali ricopre i paralumi appesi su ciascun tavolo. Le tovaglie di lino pesante colore fucsia, i bicchieri di cristallo, i sottopiatti d’argento, come i candelieri, le posate e i portafiori, pieni ogni giorno di fiori freschi. In effetti, l’impressione che il San Domenico, ancora oggi, suggerisce è quella di un circolo, privato ed esclusivo. Le scelte gastronomiche dapprima tendono a contemperare i sapori della tradizione con la cura e il gusto della cucina di casa; in seguito, su consiglio di Luigi Veronelli, Gianluigi Morini si rivolge all’esperienza di Nino Bergese, grande cuoco che vantava una carriera di prestigio nelle cucine di re e potenti italiani e stranieri. A questo punto entra in gioco lo chef Valentino Marcattilii. Infatti, il rapporto di Nino Bergese con Valentino Marcattilii, il giovane cuoco che aveva assunto la responsabilità della cucina, era straordinario e l’intesa magnifica.” Nasce da lì un percorso virtuoso che arriva ai nostri giorni. Una “cucina intenta a riandare alle origini, nella genuinità e nella ricerca, ricca di quella inventiva fertile che contraddistingue Nino e Valentino, suo allievo prediletto. Una scelta di vini assolutamente straordinaria, che Gianluigi Morini è orgoglioso di mostrare nella sua mitica cantina, che è il suo fiore all’occhiello.” Sarà che per questo è passato e passa il mondo attorno ai tavoli del San Domenico di Imola: lo sport e l’alta finanza, eroi ed imprese, il teatro e il giornalismo, Ugo Tognazzi ed Enzo Ferrari, la cultura e l’arte, Bruno Vespa e Vittorio Sgarbi, la politica e le professioni più variegate, i campioni della Ferrari e i volti noti dell’architettura. Arrivano buongustai e turisti, giovani rampanti e famiglie che hanno voglia, almeno una volta nella vita, di darsi una grande emozione. Anche per questo ma soprattutto per il valore umano e professionale che lui, rappresenta questa redazione è orgogliosa di avere nel gruppo di grandichef.com Valentino Marcattilii che ha aderito con entusiasmo al nostro progetto e del quale racconteremo, tra memoria e passioni, piatti e pensieri, molte cose nei prossimi mesi.

Al centro Nino Bergese. Ai lati Valentino (in divisa bianca) e Natale Marcattilii in abito di sala.
Al centro Enzo Ferrari seduto ad uno dei tavoli del San Domenico.
L’attore americano Harrison Ford al San Domenico con Valentino e Natale Marcattilii.
Nino Bergese, Valentino Marcattilii e Ugo Tognazzi al San Domenico in occasione della presentazione di un libro sulla storia del locale.

Il primo articolo, quello di “benvenuto” per Valentino Marcattilii, Natale e tutto il gruppo del San Domenico di Imola si terrà volutamente attaccato alla storia del costume più che a quella dei piatti che hanno fatto la notorietà di Valentino e gli hanno consentito di rappresentare la cucina italiana nel mondo. Tante prossime tappe saranno dedicate al cibo, agli ingredienti, ad una cucina che seppe esaltare, già negli anni settanta, il concetto del chilometro zero come ricorda in una intervista lo stesso chef Marcattilii. Gli chiesero di raccontare la sua cucina. Rispose, quasi con devozione umana e professionale,: “La mia cucina nasce dall’incontro con Nino BergeseBergese era uno chef che aveva lavorato come cuoco privato per famiglie aristocratiche e benestanti, come re Vittorio Emanuele, una classe sociale che non aveva “fame” e che doveva essere stimolata al cibo, era una cucina conosciuta da pochi. Dopo la caduta della monarchia rimase però senza lavoro perché di famiglie che potevano permettersi uno chef privato e di quella levatura ne erano rimaste ben poche. Perciò aprì un piccolo ristorante a Genova, La Santa, dove riproponeva quella che era la cucina di casa, fino a quando data l’età decise di chiudere, non c’è stata continuità, nessuno ha potuto portare avanti il suo sapere perché ha sempre lavorato da solo. A questo punto  l’incontro con noi… il signor Morini riuscí a convincerlo a farmi scuola, a farmi da Maestro. Arriva da noi a Imola e si rimette ai fornelli e qui si appassiona della mia persona, di tutti noi e della Romagna, era il 1974. Ci spiegava la sua cucina e i suoi saperi e notammo subito che la clientela ne rimaneva sbalordita. É rimasto con noi 6 anni e ha improntato la cucina del San Domenico, una cucina delle vecchie case nobili italiane. La mia passione nasce fin da ragazzino, ho smesso presto gli studi per andare a fare l’aiuto cuoco, ma solo con Bergese ho capito che la cucina era tutt’altra cosa.”

Una cucina che propone con rigore i canoni della tradizione ma che riesce anche e perfettamente a trasgredire. Che racconta una regione ma anche la nazione italiana e i suoi cibi più vari perché qui vale da molto il “km 0” come il trasporto in mani sapienti da altre regioni d’Italia di alimenti e cibi che troviamo al San Domenico. Una differenza che Valentino Marcattilii non fa passare in mano. Il “km 0” – ebbe ad affermare – è nato negli anni ’70, si andava dai contadini locali o ai mercatini e si trovavano meravigliosi prodotti locali, purtroppo però molti ottimi prodotti erano vietati e anche ora ci vogliono vietare l’utilizzo di alcuni prodotti come formaggi e lardo.

Le stagioni dell’anno al San Domenico sono ritmate da eventi classici e piatti che hanno fatto la storia di questa cucina. C’è un “Uovo in raviolo S. Domenico con parmigiano dolce, burro e tartufo” del quale la clientela ne ha fatto il piatto bandiera, è un piatto nato con Bergese nel 1974 eppure ancora attuale. Uno dei piatti più copiati al mondo. C’è un “castrato” che cuoce con il carrè di agnello nell’argilla, l’argilla per ricordare le ceramiche di Faenza, con una salsa al formaggio di Fossa, altra bandiera dell’Emilia Romagna. Ci sono due menù degustazione, uno di pesce, l’altro di carne. E da quindici anni c’è ogni mercoledì anche il “menù delle donne”. Una vera provocazione se si pensa che l’idea venne fuori sapendo che tutti i mercoledì sera, serata in cui si giocavano le partite di Champions League e Coppa dei Campioni e i mariti erano quindi impegnati a seguire il calcio,poteva starci bene un menù ad un prezzo ridotto. C’è un il “menù della coppia”, nato per andare incontro ad una clientela più giovane. Ritornando ai piatti, c’è Il carré di maialino di Mora Romagnola che merita attenzione. Il riso è mantecato con cipolla tostata e sugo di arrosto allo zucchero di canna caramellato è rimane un’esperienza intensa. C’è la parmigiana di melanzane, mozzarella e ricciola che ricorda un classico accanto a gnocchi di patata rossa di Imola e lardo di Arnad con fave novelle e pomodorini confit al timo. Il dolce è una torta fiorentina al cioccolato in foglia d’oro che ha chiuso decine di pranzi e cene in questi anni al San Domenico. Ma le due stelle Michelin sono arrivate qui per diversi e più motivi. Il cibo, senza dubbio, gli ingredienti, la creatività ed il rigore, la semplicità ed il gusto, la cucina ed i vini ma anche la capacità di saper accogliere in sala tutti coloro che hanno mangiato qui in questi anni. La sala è cruciale, come ammette lo stesso chef Valentino Marcattilii. “Importantissima! Io sono fortunato perché il direttore di sala è mio fratello Natale Marcattilii, la fiducia che si ha in un rapporto fraterno evita che ci siano attriti tra sala e cucina, che spesso possono nascere. Il cliente deve essere coccolato dall’inizio alla fine, senza oppressione ma coccolandolo dall’accoglienza fino al saluto dopo il conto. Un’offerta di qualità che deve comprendere anche la cantina se si ambisce ad un livello alto. Al San Domenico lo sanno bene e lo sanno da anni. “Noi abbiamo – ha ricordato Valentino Marcattilii –  una cantina fin troppo esagerata, 800 mq, una follia nata negli anni ’70.” E poi una battuta che lascia aperto un varco immenso. “Dovete calcolare – ha ricordato Valentino – che Imola era la città detta “dei matti”, c’erano 7 ospedali psichiatrici e probabilmente all’epoca qualcuno è rimasto fuori…noi siamo quel qualcuno.” Una “sana follia” che pervade i sorrisi, il guizzo ironico verso le cose della vita. Persino l’orgoglio di aver scritto in questi anni una bella storia che in questo video, realizzato da Valentino, vien fuori con la semplice e geniale leggerezza simile all’arte di saper ironizzare sulle cose che si fanno.

I coperti al San Domenico sono 50, divisi tra eleganti salette private e tavoli intimi ben distanziati. In estate il dehors che dà sul giardino del complesso della chiesa di San Domenico è un motivo in più per tornare. Accade, infatti, che in estate il ristorante San Domenico si sposta all’esterno, nel gradevolissimo dehors che si affaccia sugli omonimi giardini. Uno spazio per godere del clima mite e dolce della bella stagione: da giugno a settembre disposti attorno a 9 tavoli, per un totale di 30 posti, nella quiete dei giardini del chiostro di San Domenico, proprio davanti al ristorante le stelle sono ad un passo dal cielo ed il menu è speciale perché pensato per la calda stagione così com’è dedicato ai crudi di mare e caratterizzato da degustazione di ostriche, crostacei e pescato del giorno. Abbiamo netta la sensazione di avere davanti una bella ed appassionante impresa: raccontare uno dei tempi della cucina italiana, uan famiglia, una passione, una sana e bella follia, uno chef che è tra i maestri della enogastonomia, un maitre che ha messo il suo per arrivare alle due stelle Michelin. A proposito di stelle. Valentino Marcattilii ha un desiderio che non si può tacere. “Vorrei che qui arrivasse la terza stella! Se non per me per Massimiliano, figlio di mia sorella,  che da una decina di anni guida la cucina, io sbircio dalla finestra. É un ragazzo che si sta guadagnando il suo spazio, è una grande fortuna questa perché è “famiglia”, la famiglia va avanti.” In fondo, sin dagli albori, questa doveva essere ed è, un posto come lo è la cucina di casa. Benvenuto nel gruppo di “grandichef.com” Valentino, Natale, Massimiliano. Siamo onorati di avervi qui e di raccontarvi, così come amiamo fare noi, nei prossimi mesi.

Code di scampi arrostite spinaci al sesamo e mousseline alla soya
“L’uovo in raviolo San Domenico” di Valentino Marcattilii

Il “Risotto mantecato all’olio extra vergine porcini, rapa rossa e polvere di chicchi di caffè” di Valentino Marcattilii
La grande cantina del San Domenico di Imola con vini pregiati, distillati, grappe.
Gli esterni del San Domenico ad Imola
Gli chef Valentino Marcattilii e Massimiliano Mascia con Gianni Morandi che spesso è da queste parti.
Valentino e Natale Marcattilii, come spesso, amano conversare davanti al camino del San Domenico di Imola.
Ritratto di “famiglia” d’origine che è alla guida del San Domenico di Imola.

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