Lo si può gustare mantecato sopra crostini di pane a dare un sapore eccellente nei giorni della festa. Lo si può fare alla mediterranea o anche con gusti assai ricercati. Le ricette della tradizione italiana che hanno alla base stoccafisso e baccalà sono tantissime e tutte raccontano anche il territorio dove quei piatti si portano a tavola. C’è quello «accomodato» genovese o livornese, il brandacujun del Ponente Ligure (simile alla morbidissima brandade provenzale). C’è lo stocco alla messinese e quello “arrecanato” napoletano con pomodoro, olive e capperi. Se poi provate a togliere dalle tavole del Natale a Napoli la frittura di baccalà rischiate grosso. Persino il linciaggio. Non a caso è proprio durante le feste di Natale che il baccalà – già molto amato – diventa ancora più protagonista. E regna sovrano dalla vigilia di Natale all’Epifania. Ma regna anche, a proposito, un po’ di confusione tra baccalà e stoccafisso, che sono poi le due versioni del merluzzo: quel pesce caratterizzato da carne bianca e gusto molto delicato. Lo sanno bene a Somma Vesuviana (uno dei centri di maggior importazione, lavorazione e vendita) i fratelli D’Avino che a fare la differenza è il metodo di conservazione: il baccalà è conservato sotto sale per tre settimane e poi dissalato per le varie preparazioni; lo stoccafisso è essiccato per tre mesi all’aria aperta e due al chiuso. Quello al top – con la IGP comunitaria – si chiama Skrei ed è il merluzzo selvaggio artico pescato attorno alle isole Lofoten (Norvegia) da cui arriva tutto l’anno anche a Somma Vesuviana nei laboratori di lavorazione dell’azienda D’Avino dove siamo andati anche in questo nel periodo dell’anno dove tutto è più frenetico. Guidati, sui temi del Natale e della produzione di uno dei suoi prodotti più tipici, da Marco Cozzolino, tecnologo alimentare che si occupa, anche in azienda D’Avino, di qualità, sicurezza e processi dell’industria alimentare. Ma abbiamo anche scandagliato i segreti di ricette e quelli della produzione dai diversi posti d’Italia dove baccalà e stoccafisso sono amati tutto l’anno ma in special modo nelle feste di Natale…
Ci sarebbe da riempire intere biblioteche dove il connubio tra il Natale e il baccalà e stoccafisso ha creato, nei decenni passati ricette di prim’ordine. A Natale e in tanti altri posti della Campania, se c’è un piatto della tradizione che proprio non può mancare è quello con il baccalà. Fritto, in umido con olive, alla parmigiana, e come base di una straordinaria genovese con paccheri, il baccalà: ognuno le sue preferenze, un ricordo legato e nonne e genitori che sulle tavole della festa amavano esprimersi e portare il meglio della tradizione. Quantunque e solo in apparenza un cibo povero, sia baccalà che stoccafisso, è un prodotto ad alto contenuto proteico, vitaminico, di sali minerali che da un po’ di anni compare, sempre più spesso, anche nelle preparazioni più articolate della cucina gourmet e stellata. Una lunga storia che dal Nord Europa, dall’Islanda, Norvegia e isole Lofoten, porta idealmente e concretamente alle tradizioni gastronomiche dell’Italia ed, in particolare, della Campania ma anche in Veneto, nel Lazio ed in altre regioni dello stivale dove è diffuso e amato tantissimo.
La storia racconta, per esempio, quando in Campania, specie nella zona vesuviana, iniziarono le rotte commerciali col Nord Europa. Documenti dell’epoca, già nel 1500, danno testimonianza di come si diffuse a Napoli il consumo del merluzzo, sia come baccalà (essiccato e conservato sotto sale), sia come stoccafisso, essiccato al vento. Una predilezione che spiccherà il volo quando “grazie” al veto religioso di mangiare carne nelle feste comandate imposto dai dettami ecclesiastici dell’epoca, quel pesce prese sempre più spazio. Un aneddoto racconta che anche grazie ai monaci, specie quelli del Santuario di Madonna dell’Arco (NA) che è a Sant’Anastasia, cittadina che confina con Somma, furono create le prime vasche per la lavorazione e la dissalazione del merluzzo, per poi immetterlo in commercio come un prodotto fresco. Ma l’ascesa non si ferma qui. Nelle aree interne di quella stessa Campania, dall’alta Irpinia alla Valle di Diano, nel Cilento, il merluzzo salato costituiva l’unico prodotto di magro, possibilità unica di mangiare pesce per le famiglie meno abbienti, specie nei giorni di Festa, come il Natale appunto. Fu proprio qui che trovò facile diffusione, grazie anche alla possibilità di facile conservazione, all’aria aperta (lo stoccafisso), più che sotto sale (il baccalà). Lo si abbinò ai peperoni cruschi, una tipologia di peperone igp ricchissima di vitamine A e C, potenti antiossidanti, tipici di Senise, in provincia di Potenza. Ancora oggi, la ricetta più famosa di queste terre è il “Baccalà alla pertecaregna”, un piatto semplicissimo che richiama usi e costumi dell’epoca contadina e deve, secondo alcuni, il suo nome alla “pertecara”, nome dialettale irpino dell’aratro usato nei campi. o, secondo altri, alla ‘perteca’ ovvero l’asta di legno posta sotto i balconi delle case rurali, su cui venivano appese, a mò di festoni colorati, le “nzerte” di peperoni cruschi essiccati, che, poi, si impiegavano per condire il baccalà.
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Intanto a Somma Vesuviana, Marco Cozzolino ci fa strada in mezzo alle operazioni frenetiche dello stabilimento di produzione dello stoccafisso e del baccalà della D’Avino S.p.A. dove il pesce che viene selezionato ed arriva dalla Norvegia approda qui per essere lavorato. «In occasione delle imminenti festività natalizie – ci dice Marco – i prodotti gastronomici che con dedizione, impegno ed elevata professionalità, vengono quotidianamente realizzati presso lo stabilimento F.lli D’Avino S.p.A. di Somma Vesuviana, in provincia di Napoli vengono letteralmente presi d’assalto. Qui c’è grande attenzione ai metodi tradizionali, intanto la famiglia D’Avino ha introdotto tecnologia e know-how nei processi, innalzando il livello qualitativo e conseguendo importanti certificazioni di settore che le hanno permesso di volgere lo sguardo anche ai contesti più rilevanti della Supply Chain. Grazie a questo lavoro, oggi i prodotti tradizionali della pesca realizzati e commercializzati da F.lli D’Avino S.p.A. sono reperibili in molti punti vendita della GDO e presso i migliori rivenditori di prodotti ittici di tutta Italia».
«Il nome stoccafisso – aggiunge Marco Cozzolino – potrebbe derivare dal norvegese stokkfisk oppure dall’olandese antico stocvisch, ovvero “pesce a bastone“, secondo altri dall’inglese stockfish, ovvero “pesce da stoccaggio” (scorta, approvvigionamento); altri ancora sostengono che pure il termine inglese sia mutuato dall’olandese antico, con lo stesso significato di “pesce bastone”. Ad ogni modo, si tratta del prodotto dell’essiccazione all’aria dei merluzzi nordici che vanno sotto il nome scientifico di Gadus morhua, abbondanti nel Mar di Norvegia per cui più indicato per la menzione di stoccafisso norvegese. Lo stoccafisso è dunque un pesce essiccato, unico nel suo genere soprattutto per la metodologia di produzione: da febbraio a maggio, infatti, il merluzzo da cui si produce resta appeso ad essiccare in prossimità del mare, lungo la costa settentrionale della Norvegia, codificata come 27.2a dalla Food and Agriculture Organization (FAO). Prima ancora dell’essiccazione, però, c’è la pesca, vissuta come un vero e proprio rituale nei Paesi del Nord, carica di significato, di ostacoli e difficoltà che concorrono a rendere unico il prodotto. Il merluzzo nordico è un pesce selvaggio, che vive in banchi, quindi le tradizionali imbarcazioni che ne provvedono al recupero si servono di ami ancorati ad un trave, un cavo d’acciaio orizzontale lungo diversi kilometri fissato ad un sostegno ancorato sui fondali, chiamato palangaro. Tale tipo di pesca, beneficiando del fatto che le coste della Norvegia risultano essere più calde dei mari artici attraendo quindi i pesci in periodo di deposizione, garantisce naturalmente una continuità generazionale risultando un processo sostenibile e non impattante. Una volta pescato, i merluzzi vengono privati delle teste, le quali anch’esse vengono poi lavorate per un’essiccazione destinata ai mercati africani, quindi appesi il giorno stesso del loro arrivo su rastrelliere di legno che conservano un numero identificativo, in modo da identificare la materia prima e prenderne nota per gli acquisti da ogni barca. Sulle rastrelliere, il pesce permane per tre mesi, all’azione del sole e del vento gelido; a seconda delle condizioni di essiccazione che la primavera consente, vengono stabilite le operazioni di recupero dei pesci in magazzino da fine maggio a metà o fine giugno. Da questo momento, i pesci vengono divisi per taglia e messi su pallet, mantenendo sempre la separazione in base alla data di produzione. Questo passaggio è fondamentale, in quanto la selezione viene effettuata da una o più persone che usano solo i loro occhi, il loro naso e il loro tatto per classificare pesce per pesce su base qualitativa, influenzandone il prezzo. Dopo la selezione, prendono forma le pallettizzazioni definitive, con l’assegnazione di un codice di identificazione al momento del confezionamento, in modo da lasciare traccia della data di produzione e della materia prima impiegata».
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Polenta e baccalà, invece, è il connubio perfetto delle feste natalizie in Veneto. Per dirlo alla vicentina, il bacalà. La ricetta della tradizione vuole ingredienti come olio extravergine d’oliva di alta qualità, sarde o acciughe sotto sale, latte, formaggio grana e cipolle. Ma c’è chi preferisce l’aglio e chi preferisce un risultato più delicato e non mette le acciughe. In ogni caso la regola resta una: non rimescolare mai il baccalà e dargli almeno 2-3 giorni di tempo per idratarsi. La polenta invece, nasconde molte insidie ma il settentrione d’Italia ed il Veneto in particolare le supera tutte e alla grande.
Così, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, F.lli D’Avino porta molto del suo stoccafisso e baccalà anche in Veneto. Nello stabilimento di via Pomigliano, si seleziona accuratamente la materia prima protetta dal marchio IGP dei fornitori migliori delle Isole Lofoten, storici produttori consorziati Torrfisk fra Lofoten. La merce pallettizzata, tradotta a temperatura controllata in appositi camion frigo per preservarne le caratteristiche, subisce una serie di controlli volti ad accertarne qualità e tracciabilità. Quindi, una volta stoccata nei locali aziendali, la merce è pronta per essere lavorata e confezionata in contenitori idonei al contatto con alimenti, di diverse forme e dimensioni.
«Il pesce secco – ci ricorda presso i fratelli D’Avino, Marco Cozzolino – viene di conseguenza messo in ammollo in grandi vasche, attraverso un metodo che prevede dissalazione e sbiancamento con additivi. Le fasi si contraddistinguono per l’immersione in acqua molto fredda, con ricambi a cadenze prestabilite, reidratando il prodotto in modo da preservarne sapore, consistenza e gelatinosità. Le antiche tecniche di lavorazione, unite alla competenza aziendale più all’avanguardia, danno vita ad un prodotto senza uguali, frutto della perfetta combinazione di innovazione, materia prima ed esperienza. Inoltre F.lli D’Avino Spa, oltre alla celebre lavorazione, commercializza da sempre tutti i tipi di Stoccafisso. Oltre alle pezzature tradizionali, l’Azienda produce importanti e diversificate linee di prodotti derivati da diversi tagli sul prodotto alternativi, sani e gustosi. Durante tutte le fasi di produzione, a supporto dei processi vengono effettuati controlli di temperatura, pH e concentrazione salina, per garantire quella standardizzazione imprescindibile per realizzare prodotti conformi alle necessità dei canali della Supply Chain. Anche il baccalà, trasposizione derivante dal tedesco bakkel-jau che significa “pesce salato”, deriva da due tipi di merluzzo, sapientemente salati e stagionati: il Gadus Morhua dell’oceano Atlantico, ed il Gadus Macrocephalus dell’oceano Pacifico, in quelle sottozone che la FAO identifica come 61 (Pacifico Nord-Occidentale e in particolare i Mari dell’Alaska). I merluzzi, una volta pescati all’amo (long line catch o con i tradizionale palangari), vengono immediatamente decapitati, dissanguati, eviscerati e, nel caso di pesca in alto oceano, surgelati a bordo. Nel caso di pesca limitrofa alla costa operata con piccole imbarcazioni o della pesca per lo stoccafisso, la materia prima viene invece portata a terra fresca e in nessun caso surgelata. Una volta arrivati negli stabilimenti produttivi, i pesci sezionati vengono immersi in salamoia e ghiaccio e, dopo un periodo variabile in funzione del prodotto finito da ottenere, vengono salati con alternanza di uno strato di sale e uno di pesce, quindi messi a stagionare fino ad acquisire tutte le caratteristiche tipiche di odore, colore, sapore e consistenza di un vero baccalà. Le procedure di acquisto, spedizione, controllo e immagazzinamento che mette in campo F.lli D’Avino sono le medesime per lo stoccafisso. La lavorazione differisce per le tempistiche di ammollo più brevi, essendo un prodotto meno secco quindi con più alto tasso di umidità rispetto allo stoccafisso, con le fasi di reidratazione che hanno lo scopo esclusivo di dissalare il prodotto e renderlo pronto alla cottura».
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Le qualità nutrizionali dello stoccafisso e del baccalà
Nella parte dove occorre sottolineare le tante qualità nutrizionali dello stoccafisso e del baccalà il parare del mondo medico e scientifico ha poco dubbi. Il consumo di stoccafisso e baccalà fa un bene immenso all’orgaismo. Ne è convinto lo stesso Marco Cozzolino. «Trattandosi – ci dice – di prodotti genuini di mari freddi e poco interessati dalle principali rotte marittime, quindi puliti e con bassi livelli di microplastiche e contaminanti, lo stoccafisso e il baccalà possono essere ritenuti alimenti sani da preferire a tante alternative di largo consumo ultraprocessate. In particolare, il merluzzo nordico è un pesce ricco di proteine ad alto valore biologico (cioè in amminoacidi essenziali), indicato per le diete degli sportivi, e di microelementi essenziali come vitamine D e B12, nonché apprezzabili livelli di iodio, potassio e fosforo. La concentrazione di colesterolo è irrilevante, mentre i pochi grassi presenti sono di natura insatura, con i doppi legami omega-3, 6 e 9; questi particolari tipi di acidi grassi insaturi sono essenziali, non sintetizzati dall’organismo umano quindi assumibili solo attraverso la dieta».
E così dal bene del corpo a quello del palato ci passa un battito anche a Natale tanto che Marco Cozzolino, a nome dell’azienda D’Avino, non ci fa mancare gli auguri per le festività e nemmeno, pur non essendo chef gourmet ma un solerte ed attento tecnologo alimentare, qualche suggerimento circa le ricette e gli abbinamenti di tutti quei sapori che derivano dal buonissimo pesce di Norvegia che arriva a Somma Vesuviana e da qui riparte per le tavole di Natale. «Quanto detto precedentemente sugli aspetti nutrizionali, trova piena coerenza con l’estrema adattabilità dello stoccafisso e del baccalà nella cucina mediterranea. Essendo ingredienti magri, nutrienti e al contempo saporiti, sono col tempo divenuti parte fondamentale di pietanze che riempiono le tavole di natale delle famiglie italiane da oramai decenni. Il modo più semplice e celebre di cuocere il baccalà è senz’altro quello della frittura: noti tagli come il mussillo si prestano ad essere particolarmente indicati, poiché alti e carnosi quindi resistenti alle alte temperature dell’olio. La personalizzazione della panatura (in farina 00 di frumento, in farina di semola o farine miste con un piccolo taglio di farina di riso) è poi il dettaglio che fa la differenza. Altra conosciutissima alternativa è la preparazione del baccalà in umido, ottenuta realizzando un sugo con ingredienti mediterranei come olive, passata di pomodoro, capperi, origano, cipolle e vino bianco per la sfumatura. Sorella gemella di questa ricetta è senza dubbio lo stoccafisso alla messinese, molto simile alla preparazione in umido ma con l’aggiunta, a piacimento, di sedano, uvetta e pane tostato. Intramontabile piatto da cenone di Capodanno è lo stoccafisso mantecato alla veneziana, una ricetta tipica delicata e raffinata: il pesce viene in pratica cotto e ridotto in crema con abbondante olio, aglio e prezzemolo, per poi essere servito con polentina bianca o crostini di polenta. Per gli amanti dei primi, i paccheri alla puttanesca con stoccafisso alla norvegese dominano la scena natalizia. Anche se la fantasia in cucina è l’elemento chiave per una buona riuscita di una pietanza, il sugo di pomodorini ciliegini aromatizzato al peperoncino è particolarmente indicato per questo piatto. La tradizione però, per garantirsi longevità, non può distaccarsi dall’innovazione. Ragion per cui il baccalà si è preso la scena anche in molte preparazioni gourmet, che lo vedono in abbinamento con salse di prezzemolo, salse di pomodoro arrosto e verdure confit come carciofi o gli stessi pomodori, ma anche crumble di taralli o creme a base di legumi. Alle fritture di baccalà, naturalmente, è spesso consigliabile l’abbinamento di vini bianchi acidi, dagli aromi delicati e per lo più fermentativi, che richiamano frutta fresca come quelli ottenuti da falanghina campana oppure dall’estremamente duttile e cosmopolita chardonnay, ottimo anche come base spumante. Per piatti più sostanziosi, complessi aromaticamente e che prevedono l’impiego di una moltitudine di ingredienti come le zuppe o i paccheri con stoccafisso, si può osare anche su tonalità eclettiche di rossi, specialmente di ultima generazione ottenuti da vinificazioni innovative o di nuovo in voga, come il frappato siciliano o il piedirosso campano».
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